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Se si dovesse fare una hit parade tra i giocattoli da collezione, non c’è dubbio che il primo posto spetterebbe di diritto ai robot. Il grandissimo e costante successo che hanno ottenuto tra i collezionisti, per i quali sono diventati i pezzi più ricercati, ha avuto come diretta conseguenza il loro rapido aumento di valore. Che si meritino tanto interesse, d’altra parte, non deve stupire. Non solo si tratta di oggetti molto belli, ma spesso si tratta di giocattoli prodotti singolarmente, specialmente quando imitano i movimenti degli esseri viventi, perché non sarebbe possibile una produzione di massa.

Inizialmente, erano realizzati più per gli adulti benestanti che per i bambini, per cui ogni figura veniva meticolosamente decorata e accuratamente abbigliata. Ma la storia degli automi inizia molto prima di quando ci si potrebbe aspettare.

Che differeza c’è tra automi e robot?

I robot sono dei dispositivi automatizzati in grado di svolgere determinate operazioni in modo più accurato e rapido di un operatore umano. L’idea del robot risale ai tempi più remoti; attualmente il termine automa è applicato a vari dispositivi soprattutto meccanici.

Il termine robot deriva dal vocabolo ceco robota che significa “lavoro forzato”. Il commediografo ceco Karel Capek fu il primo a disegnare un dispositivo meccanico che sembrava un uomo (1921) e che doveva svolgere solo operazioni automatiche.

Il termine androide è ora riservato a figure simil-umane, sia realizzate con dispositivi elettromeccanici, sia costituite interamente con materiali biologici. La caratteristica più evidente comune a robot e umani è la mobilità delle dita.

La storia di automi e robot

I primi automi

Anche se non si trattava di veri e propri automi, già nell’antica Grecia esistevano statue che rispondevano alle domande di chi voleva conoscere il proprio futuro. Il problema tecnico era risolto in un modo piuttosto spiccio e non proprio… ortodosso: all’interno della statua si nascondeva un ragazzo che, debitamente addestrato, rispondeva in suo nome.

Erone di Alessandria (285-222 a.C.) realizzò un enorme passo avanti: grazie a complesse macchine, mosse da una forza idraulica o pneumatica, costruì figure che si giravano e si muovevano. Fra i suoi automi vi furono anche degli uccelli che cantavano per mezzo della pressione dell’acqua.

Rappresentazione di un automa di Erone di Alessandria

Ricostruzione di uno degli automi di Erone di Alessandria, “Ercole e il Drago”, da parte di Giovanni Battista Aleotti (1589). Quando Ercole colpiva il drago, questo gli spruzzava acqua sul volto. Immagine di dominio pubblico.

Nel Medioevo, Bemardino Baldi creò automi che si muovevano mossi da un sistema idraulico. Ma il vero sviluppo degli automi si ebbe nel ‘500, quando i costruttori di orologi di Augsburg e Norimberga realizzarono piccoli orologi da tavolo con scene, tratte dalla commedia italiana o dalla mitologia classica, che si muovevano meccanicamente. L’utilizzazione dei meccanismi che funzionavano con moto idraulico e pneumatico fu così sostituito con lo stesso meccanismo adottato per gli orologi.

Robot nel Settecento: automi che scrivono e suonano

All’inizio del ‘700 il costruttore più famoso fu certamente Jacques de Vaucanson, che realizzò degli automi che si muovevano grazie ad un sistema di pesi, canne e leve. La sua creazione più nota era un automa in grado di suonare col suo flauto ben 11 melodie diverse.

Pierre Jacquet-Droz, le cui creazioni si possono ammirare al Museo di Neuchatel (Svizzera), riprese e portò avanti il suo lavoro. Il pezzo più bello di Jacquet-Droz è Lo scrittore, un bambino meccanico di tre anni che scrive con una penna d’oca. Il complesso meccanismo consente al ragazzo di scrivere frasi che contengono un massimo di 40 caratteri. Nel frattempo, i suoi occhi si muovono seguendo le parole in modo assai realistico.

In un altro automa, La musicista, le dita della donna che suona si muovono singolarmente per mezzo di un complicato sistema di leve e rotelle. Il meccanismo è talmente sofisticato che i costruttori di robot lo hanno recentemente studiato.

Tra i pezzi storici di questa epoca va ricordato anche il Dulcimer Player (Suonatore di salterio), costruito nel 1780 dai tedeschi Roentgen e Kintzing per la regina Maria Antonietta. Questo robot suonava un brano musicale composto da Gluck.

Robot nell’Ottocento: automi che camminano e ballano

Il primo costruttore a realizzare bambole che camminavano in modo realistico fu Charles Abram Bruguier, nel 1821. In automi simili, il camminare era attivato attraverso un movimento delle braccia, esercitando una pressione o ruotando il corpo. In seguito furono realizzate anche bambole che nuotavano nell’acqua (in costume da bagno) o gattonavano.

Per un certo periodo grande diffusione ebbero anche i marotte. Erano simpatiche figure che avevano una testa in porcellana su corpi conici montati su un bastone di avorio o di legno. Quando ruotavano, suonavano un’aria.

Uno dei più creativi costruttori della metà dell’800 fu l’orologiaio George W. Brown, di Forestville (Connecticut), il centro dell’industria orologiera del tempo. L’artigiano registrò diversi brevetti di bambole che camminavano.

Robot dell’Ottocento: bambole meccaniche

Bambola automatica di Lambert

Bambola automatica di Léopold Lambert, metà XIX secolo. Foto di dominio pubblico (fonte: Flickr).

Intorno al 1855 le fabbriche di porcellana francesi e tedesche avevano cominciato a costruire teste di bambole molto eleganti di cui si avvalsero i costruttori di automi. Nacquero così robot di eleganti signore che si facevano aria o s’incipriavano il naso; ragazzi che suonavano il piano; tate che spingevano carrozzine. I costruttori dedicavano molta attenzione alla realizzazione dei visi degli automi, che erano curati in ogni dettaglio, mentre i loro corpi erano solamente abbozzati.

In questo periodo fiorirono gli automi più belli. Artisti come Decamps, Lambert, Vichy eranograndemente apprezzati per la bellezza ed eleganza dei loro lavori, che venivano eseguiti singolarmente o al massimo in numero di 10 o 20.

Tra il 1845 e il 1872 Alexandre Nicolas Théroude registrò una ventina di brevetti di automi costituiti da animali, gruppi di musicisti e bambole. Un altro costruttore, Jean-Marie Phalibois, prediligeva invece le scimmie, abbigliate in eleganti costumi di satin. Nella sua fabbrica di Parigi si era specializzato nella realizzazione di complessi gruppi meccanici protetti da una campana di vetro. La qualità di questi automi si accompagnava all’eleganza delle basi, in madreperla o avorio, su cui poggiavano.

La produzione di massa degli automi

Bambola automatica di Vichy

Bambola automatica danzante di Vichy, metà XIX secolo. Immagine di dominio pubblico (fonte: Flickr).

Grazie allo sviluppo industriale, intorno al 1860 iniziò una vera produzione di massa anche nel settore dei giocattoli, sopperendo alla richiesta che proveniva dalle nuovi classi emergenti. Si vendevano pezzi più semplici ed economici. Leopold Lambert fu uno dei pochi artisti a riprodurre più volte alcune delle sue creazioni fino a quando cominciò a utilizzare bellissime teste di porcellana, fatte spesso da Jumeau, che oggi sono molto ricercate dai collezionisti e che riescono a spuntare prezzi altissimi.

Un’ampia linea di automi fu creata da Vichy, ditta fondata nel 1860 da Antoine Michel, Henry e Gustave Pierre Vichy. In generale i loro prodotti erano più artistici di quelli di Lambert e le teste, normalmente di cartapesta, erano più caratteristiche.

Ma il più prolifico costruttore di robot fu Ernest Decamps. La sua fabbrica esiste ancora oggi: produce una grande varietà di figure utilizzando la più moderna tecnologia.

Verso il Novecento: automi che parlano e cantano

Nel 1889 Thomas Edison realizzò la sua prima bambola che parlava: aveva inserito un fonografo nel torace d’acciaio del giocattolo, così la bambola poteva recitare filastrocche e brevi frasi. Da allora fu possibile realizzare bambole in grado di fare discorsi o di cantare una canzone grazie a cilindri di cera incisi e inseriti nel tronco.

Alcuni automi molto interessanti costituiscono una specialità dei costruttori svizzeri, in particolare di quelli che operavano a Ste Croix. Uno dei più famosi, Auguste Lasseur, realizzò gruppi di bambole che danzavano e automi che potevano cantare anche sei motivi diversi.

Una delle figure più complesse realizzate in questi ultimi anni fu creata per la rappresentazione all’Opéra di Parigi dei Racconti di Hoffmann. L’automa, comandato da lontano, camminava, cantava e danzava sul palcoscenico ogni notte e poi cadeva a pezzi.

Automi nel mondo

I francesi, seguiti dai tedeschi, furono i più famosi e prolifici produttori di automi. Ma anche in altre parti d’Europa e negli Stati Uniti d’America la produzione di robot era degna di nota.

Anche se l’Inghilterra non fu mai una produttrice di automi eccezionali, vi sono alcuni pezzi, come quelli realizzati da William Britain che costituiscono delle rarità interessanti. Le creazioni di Britain erano piuttosto robuste, con teste di piombo messe in moto da un meccanismo a orologio.

Verso la fine dell’800, l’inglese William Tansley produsse altre interessanti versioni di robot. Utilizzando bambole commerciali e cavalli, egli creò delle scene che riproducevano l’ambiente delle corse. Questi automi erano più semplici e senza movimenti musicali.

Gli automi prodotti negli Stati Uniti si distinguevano per i loro colori diversi e sgargianti, anche se non raggiunsero mai la bellezza di quelli realizzati in Francia. I fabbricanti statunitensi si dedicarono soprattutto alla costruzione degli automi più semplici, destinati ai ragazzi.

Automi da collezione

Fare un’esatta valutazione di pezzi come gli automi può essere molto difficile, perché l’apparenza inganna. Pezzi che a prima vista sembrano meno attraenti costituiscono vere rarità e viceversa. Inoltre, nel caso degli automi usurati o danneggiati ci sono importanti difficoltà nella sostituzione, per cui spesso i collezionisti preferiscono acquistare pezzi nelle condizioni originali anche se non si muovono con la perfezione di un tempo.

L’acquisto di un automa rappresenta comunque un buon investimento, dal momento che il loro mercato resta sostanzialmente stabile. Chi inizia a farne una collezione raramente abbandona questa specialità e resta in possesso dei suoi pezzi per lungo tempo. Per questo motivo sono pochi i pezzi che compaiono sul mercato, fatto che ne fa lievitare i prezzi.

Edward R. Ives è il costruttore che realizzò gli automi più interessanti per i collezionisti. Anche se destinatari dei suoi lavori erano i ragazzi, alcune delle sue creazioni erano così ben fatte ed elegantementi che potevano competere con i più sofisticati prodotti francesi. All’inizio Ives costruì giocattoli azionati dall’aria calda, ma a partire dal 1880 realizzò bei giocattoli meccanici che potevano muoversi per molto tempo senza la necessità di essere ricaricati.

Un giocattolo americano piuttosto comune fu l’autoperipatetico, una bambola che pareva camminare senza alcun aiuto, brevettata nel 1862 da Enoch Rice Morrison. La bambola si muoveva grazie ad un meccanismo a orologio che faceva avanzare i piedi uno indipendentemente dall’altro. I costruttori di autoperipatetici utilizzarono delle spalle-testa in biscuit, in cartapesta e in porcellana e il valore di questi automi dipende proprio dal tipo di testa utilizzata, oltre che dall’abbigliamento.

I primi veri robot

La costruzione dei primi robot iniziò nel XVIII secolo nell’industria tessile con la progettazione dei telai. Ma i primi veri robot furono però realizzati in questo secolo.

A metà degli anni Settanta, la General Motors finanziò un programma di sviluppo nel quale Victor Scheiman perfezionò un braccio meccanico motorizzato per produrre il “manipolatore universale programmabile per montaggio” delle automobili. Questo dispositivo segnò l’inizio dell’era dei robot modernamente intesi.

Storia degli automi tra presente e futuro: quali prospettive?

Gli odierni automi sono basati su uno o più microprocessori che possono elaborare i dati inviati da vari sensori. L’uso commerciale dei robot si va diffondendo col crescere della automazione nei luoghi di produzione.

Non è possibile predire se gli androidi della fantascienza diverrano una realtà. Così anche la questione di un eventuale androide intelligente deve essere lasciata al futuro sviluppo dell’intelligenza artificiale.

 

 


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La AAC (Advanced Automation Consultant S.r.l.) nasce nel 1995 dalla sinergia delle competenze di ingegneri che hanno maturato una esperienza pluriennale in aziende di rinomanza internazionale di settori diversi. Dalle dimensioni contenute, l'azienda si occupa di robotica, domotica, web design e formazione con flessibilità, competenza, personalizzazione e costi contenuti.

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