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Il 15 gennaio 2024 a Milano è stato impiantato il primo cuore artificiale completo in Italia. Ma quando sono stati inventati i cuori artificiali e a che punto siamo nella realizzazione di cuori che possano evitare la necessità di trapianti?

Il cuore è un organo vitale, con una funzione essenziale per l’organismo: spinge il sangue nei vasi sanguigni, facendo sì che si arricchisca di ossigeno e sostanze nutritive e li porti agli organi. Per questo l’insufficienza cardiaca, ovvero l’incapacità del cuore di funzionare correttamente, è una condizione che può portare al decesso e richiede di intervenire. Nei casi più gravi è necessario rimpiazzare il cuore: un problema, dato che i donatori sono insufficienti rispetto a chi ne avrebbe bisogno. I cuori artificiali oggi sono molto utili per aiutare a sostenere la persona mentre aspetta il trapianto.

Gli albori dei cuori artificiali impiantabili

Il primo a ipotizzare la possibilità di realizzare un supporto circolatorio meccanico fu il fisiologo e medico francese Julien Jean Cesar LeGallois, nel 1812. Tuttavia, solo negli anni ’20 del XX secolo si ebbero i primi prototipi di pompe sanguigne esterne, con l’inventore e aviatore Charles Lindbergh e il chirurgo e futuro premio Nobel Alexis Carrel. I due riuscirono a sviluppare un dispositivo simile a un cuore artificiale in grado di mantenere in vita degli organi espiantati.

Ispirato a questi progressi, nel 1937 Vladimir P. Demikhov realizzò il primo cuore artificiale completo. Era composto da due pompe azionate da un motore esterno. Il medico ne verificò il funzionamento su un cane, su cui condusse il primo intervento di bypass coronarico e trapianto intratoracico al mondo. Il cane sopravvisse per 5,5 ore dopo l’intervento. Erano necessari ulteriori sviluppi.

Tra gli anni ’40 e ’50, John H. Gibbon Jr. sviluppò la macchina cuore-polmone, ispirato dalla necessità di un dispositivo che potesse ossigenare il sangue durante interventi a cuore aperto. I suoi prototipi non funzionarono, ma lo scienziato li condivise con un istituto di ricerca statunitense, la Mayo Clinic, che vi lavorò fino a renderli un successo. Nel frattempo, nel 1948, lo studente di medicina William H. Sewell Junior costruì un cuore artificiale per la sua tesi di laurea, con l’idea che potesse affiancare il cuore, facendone funzione, nel corso delle operazioni chirurgiche. Dopo numerosi tentativi, riuscì a sviluppare una macchina funzionante, contribuendo ulteriormente ai progressi nel supporto circolatorio meccanico.

Ulteriori tentativi, che confermarono la propria efficacia in pazienti animali per poche ore, furono portati avanti da altri scienziati di tutto il mondo, fino ad arrivare al primo trapianto di un cuore artificiale completo in un essere umano, un uomo di 47 anni. A eseguirlo fu Denton Cooley, cardiochirurgo statunitense che aveva lavorato sul macchinario insieme a Domingo Lotta, chirurgo argentino. Purtroppo, il paziente sopravvisse solo per 32 ore, a causa di una polmonite, ma era ormai chiaro che il terreno era fertile per realizzare un cuore artificiale permanente.

I primi successi

Prototipo di Jarvik-7 (con valvole mancanti). Foto di Votpuske, condivisa secondo la licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.

A realizzare il primo cuore artificiale efficace furono Robert Jarvik, ingegnere statunitense, e Willem Kolff, medico olandese-statunitense che nel 1982 lo impiantò con successo in un paziente di 61 anni, Barney Clark, che visse 112 giorni dopo il trapianto. Ne beneficiarono poi per qualche anno anche altri pazienti. Lo strumento, che prese il nome di Jarvik-7, era composto da due pompe pneumatiche e replicava la funzione cardiaca con una frequenza di 40-120 battiti al minuto. Tuttavia, aveva bisogno di una console di controllo, per cui i pazienti non potevano lasciare l’ospedale. Negli anni successivi, questo s subì delle strumento subì delle trasformazioni e cambiò anche nome: prima divenne “Cardiowest Total Artificial Heart”, poi “the SynCardia temporary Total Artificial Heart”.

Nel frattempo venne sviluppato un cuore artificiale impiantabile autosufficiente, che potesse consentire ai pazienti di vivere al di fuori degli ospedali in attesa di ricevere un cuore da un donatore. Gli studi clinici iniziarono nel 2001 e nel 2006 lo strumento, chiamato AbioCor, venne approvato dall’ente regolatorio dei farmaci statunitense. AbioCor pesava 1 chilogrammo ed era costituito da 4 diverse parti impiantate nella persona e una batteria esterna. Venne dismesso dopo qualche tempo a causa di effetti avversi importanti.

Nel 2010 SynCardia rilasciò però “Freedom Driver“, del peso di 6 kg, che consentì a più persone di vivere, e farlo al di fuori dell’ospedale, in attesa di un trapianto. Tuttavia, c’è ancora molta strada da fare: questi device danno ancora diversi problemi ai pazienti e sono molto costosi (anche oltre 200mila euro il pezzo).

Verso un cuore artificiale permanente

Carmat, cuore artificiale impiantabile in fase di studio. Foto di Arthur Crbz, condivisa secondo la licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International.

Sono in fase di studio alcuni cuori artificiali, come il cuore di BiVacor negli USA e, in Europa, Carmat, strumento francese coperto da un materiale biosintetico e che sfrutta dei sensori per regolare il battito cardiaco e il flusso sanguigno.

 

Attualmente in Europa per le persone in attesa di trapianto di cuore si utilizza HeartMate III, dispositivo completamente impiantabile che assiste il cuore nel pompare il sangue (VAD, Ventricular Assistance Device). Lo strumento richiede chirurgia mini-invasiva ed è molto efficace, al punto che alcuni chirurghi ritengono possa sostituire la necessità di un trapianto di cuore. Anche se al momento richiede di usare delle batterie esterne, ma sono in corso di sperimentazione altri metodi di ricarica più pratici.

L’idea è che grazie agli avanzamenti tecnologici un giorno possiamo avere un cuore artificiale abbastanza efficace e privo di effetti avversi gravi da rappresentare una vera alternativa al trapianto di cuore. Un passo fondamentale soprattutto per le persone con controindicazioni per il trapianto di cuore.

 

 


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La AAC (Advanced Automation Consultant S.r.l.) nasce nel 1995 dalla sinergia delle competenze di ingegneri che hanno maturato una esperienza pluriennale in aziende di rinomanza internazionale di settori diversi. Dalle dimensioni contenute, l'azienda si occupa di robotica, domotica, web design e formazione con flessibilità, competenza, personalizzazione e costi contenuti.

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